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Sistemi di Gestione ambientale/di sicurezza sul lavoro & Registro delle Leggi applicabili [153.5Kb]
Caricato Lunedì, 14 Novembre 2022 da M. Fabrizio

La tutela dell’Ambiente nella legge costituzionale 11 febbraio 2022, n. 1, “Modifiche agli articoli 9 e 41 della Costituzione in materia di tutela dell’ambiente” (pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 44 del 22-02-2022)

Dopo reiterati, quanto vani, tentativi di modificare il testo dell’art. 9 della Costituzione, dedicato alla tutela del paesaggio (oltre che del patrimonio storico e artistico), il legislatore approda, finalmente, all’importante risultato di introdurre espressamente la tutela dell’ambiente all’interno della Costituzione medesima, con ciò adeguandola – sotto tale profilo – alle Carte Costituzionali più recenti e permeate di sensibilità ambientale (es. art. 45 della Costituzione spagnola del 1978[1]).

Rileva, in tal senso, il nuovo testo dell’art. 9, Cost., in chiusura del quale è ora inserito un nuovo comma a tenore del quale la Repubblica “tutela l'ambiente, la  biodiversita'  e  gli  ecosistemi,  anche nell'interesse  delle  future  generazioni.  La  legge  dello   Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali”.

Non solo, quindi, fa espresso ingresso nel nostra “Carta fondamentale” la tutela dell’ambiente, oltre il profilo meramente estetico-paesistico che già emergeva dal comma 2 del medesimo art. 9 quanto alla tutela del paesaggio, ma il legislatore affianca al nuovo valore “contenente” ulteriori valori ad esso contigui  e “contenuto” dello stesso, quali la “biodiversità” e gli “ecosistemi”.

E’ nota, al riguardo, la provvidenziale evoluzione giurisprudenziale sviluppatasi in relazione alla tutela del diritto alla salute di cui all’art. 32 della Costituzione, concretizzatasi nell’affermazione del “diritto ad un ambiente a salubre” (Cass. SS.UU. N. 5172/1979)[2], ma altro è un’interpretazione giurisprudenziale integrativa e suppletiva di un vuoto normativo, altro è l’integrazione di quel vuoto attraverso lo strumento all’uopo previsto…

Di indubbio interesse è, inoltre, il richiamo all’interesse delle future generazioni, quale inedito ulteriore inserimento all’interno della Costituzione di un concetto ambientale fondamentale quale quello dello “sviluppo sostenibile” (altresì detto “equità intergenerazionale”) sancito per la proma volta dalla Conferenza ONU di Rio de Janeiro su Ambiente e sviluppo del 1992.

Ma v’è di più. Stupendo anche i più ottimisti paladini dell’ambiente la l. costituzionale n. 1/2002 contiene un ulteriore disposizione (art. 2) di modifica/integrazione del successivo art.41 dedicato alla libertà di iniziativa economica privata. Al riguardo risulta, infatti, precisato il limite negativo di tale libertà sì come dichiarato al comma 2 del medesimo articolo, tale che detta libertà “non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno – ora  anche – alla salute, all’ambiente…” e, come era già prima della riforma, “…alla sicurezza, alla libertà, dignità umana”.

Quanto al limite positivo della menzionata libertà, sì come fissato al comma 3 del citato art. 41, è oggi precisato come la legge oltre che determinare i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali, dovrà indirizzare i medesimi programmi e controlli anche a fini “ambientali”.

La legge di riforma si conclude con un’art. 3 dove, riprendendosi la riserva di legge già definita al nuovo art.9, c. 3 della Costituzione per quanto concerne la disciplina dei modi e forme di tutela degli animali, si precisa come la legge medesima sarà applicabile anche alle Regioni a statuto speciale così come alle Province autonome di Trento e Bolzano.

La nuova normativa entra in vigore il 9 marzo 2022.

Avv. Marco Fabrizio

 

[1] L’art. 45 della Costituzione spagnola del 1978 recita: “Todos tienen el derecho a disfrutar de un medio ambiente adecuado para el desarrollo de la persona, así como el deber de conservarlo. Los poderes públicos velarán por la utilización racional de todos los recursos naturales, con el fin de proteger y mejorar la calidad de la vida y defender y restaurar el medio ambiente, apoyándose en la indispensable solidaridad colectiva. Para quienes violen lo dispuesto en el apartado anterior, en los términos que la ley fije se establecerán sanciones penales o, en su caso, administrativas, así como la obligación de reparar el daño causado.”.

[2] Secondo Cassazione a SS.UU. n. 5172/1979 “la protezione della salute non si limita all’incolumità fisica dell’uomo supposto immobile nella sua abitazione o solitario…., ma è diretta ad assicurare all’uomo la sua effettiva partecipazione mediante presenza e frequentazione fisica alle comunità familiare, abitativa, di lavoro e altre –(es. scolastica o sportiva)- , nelle quali si svolge la sua personalità” e pertanto la tutela “…si estende alla vita associata dell’uomo nei luoghi delle varie aggregazioni nella quali si articola e, in ragione della sua effettività, alla preservazione in quei luoghi, delle condizioni indispensabili o anche soltanto propizie alla sua salute…”, tale che la protezione della salute “…assume in tal modo un contenuto di socialità e di sicurezza, per cui il diritto alla salute, piuttosto (o oltre) che come mero diritto alla vita e all’incolumità fisica, si configura come diritto all’ambiente salubre”.

Rifiuti da Navi ed impianti portuali di raccolta

Con il D.lgs. 8 novembre 2021, n. 197, l’Italia si allinea alla disciplina europea.

Il 30 novembre 2021 è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 285 (S.O. n. 41), il  D.lgs. n. 197/2021, “Recepimento della direttiva (UE) 2019/883, del Parlamento  europeo  e del Consiglio, del 17 aprile 2019, relativa agli impianti portuali di raccolta per il conferimento dei rifiuti delle navi che  modifica  la direttiva 2010/65/UE e abroga la direttiva 2000/59/CE” recante  la nuova disciplina finalizzata alla protezione dell'ambiente marino “…dagli effetti negativi degli scarichi dei rifiuti  delle  navi che utilizzano porti situati nel territorio dello Stato”,  nonche' emanata per “…garantire il buon funzionamento del traffico marittimo migliorando la disponibilita' e l'uso di adeguati impianti portuali di raccolta  dei rifiuti e il conferimento dei rifiuti stessi presso tali impianti” (art. 1), intendendo per “impianti portuali di raccolta” “qualsiasi struttura fissa, galleggiante o mobile  che  sia in grado di fornire il servizio di raccolta dei rifiuti delle navi” (lett. F, c. 1, art.2, D.lgs. in oggetto). In particolare il decreto sarà applicabile a: a) tutte le navi (ai sensi della lett. a, c. 1, art. 2, si intende per  «nave»:  un'imbarcazione  di  qualsiasi   tipo,   che   opera nell'ambiente marino,  inclusi  i  pescherecci,  le  imbarcazioni  da diporto, gli aliscafi, i veicoli a cuscino d'aria, i  sommergibili  e le imbarcazioni galleggianti),  indipendentemente  dalla  loro  bandiera,  che fanno scalo o che operano in un  porto  dello  Stato,  ad  esclusione de: a) le navi adibite a  servizi  portuali  ai  sensi  dell'articolo  1, paragrafo 2, del regolamento (UE) 2017/352 e  delle  disposizioni  di  cui all'art. 3, c. 1 del D.M. (Infrastrutture e trasporti)  27  aprile  2017, e con l'eccezione  delle navi militari e da guerra, delle navi  ausiliarie o di altre navi possedute o gestite da uno  Stato,  se  impiegate  solo  per  servizi statali a fini non commerciali;  b) tutti i porti dello Stato ove fanno abitualmente scalo le navi di cui alla lettera a). Una normativa ad hoc definirà la disciplina per le navi da guerra e militari.

La nuova disciplina regolamentare – che abroga la pregressa di cui al D.lgs. n. 182/2003 –

si snoda, in particolare, attraverso due titoli dedicati, rispettivamente, agli “Impianti portuali di raccolta” (tit. II, artt. 4 e 5) e al “Conferimento dei rifiuti delle navi” (tit. III, artt. 6-9).

Sotto il primo profilo rileva l’obbligo di dotare tutti i porti, in attuazione del Piano di raccolta e gestione rifiuti di cui al successivo art. 5 (e con oneri a carico del gestore del servizio) “… di impianti e di servizi portuali di  raccolta  dei  rifiuti  delle  navi  adeguati  a rispondere alle esigenze delle navi che vi fanno abitualmente  scalo, in  relazione  alla  classificazione  dello  stesso  porto,   laddove adottata,  ovvero  al  traffico  registrato  nei  tre   anni   solari precedenti all'anno di adozione del Piano, al fine di  assicurare  il rapido conferimento di detti rifiuti, evitando ingiustificati ritardi e garantendo nel contempo standard di sicurezza per l'ambiente e  per la salute dell'uomo raggiungibili con l'applicazione  delle  migliori tecnologie disponibili”. Il Piano, quale dovrà essere approvato e reso operativo, da parte delle Autorità competenti (Autorità del Sistema portuale, se istituite, oppure Autorità marittima ex art. 2, l. 84/1994), entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore del decreto, dovrà essere conforme al contenuto minimo di cui all’Allegato I, D.lgs. n. 197/2021 medesimo (art. 5, c. 1) e dovrà recare gli  adempimenti  e  le  modalita'  operative relative all'utilizzo degli impianti portuali di raccolta  “semplici e rapide” e tali da non determinare “ingiustificati ritardi alle navi”, a pena di indennizzo da prevedere all’interno del Piano medesimo (c. 10, art. 5 citato).

Nel contempo risulta ribadita l’applicabilità della disciplina ordinaria di cui alla parte quarta del D.lgs. n. 152/2006, relativamente alla gestione dei rifiuti di cucina e ristorazione derivanti da trasporti internazionali (c. 4, art. cit.).

Una disciplina ad hoc potrà, inoltre, essere prevista nel caso di “piccoli porti non commercialicaratterizzati soltanto da un traffico sporadico o scarso di imbarcazioni da diporto”, con possibilità di esenzione dalla disciplina di cui all’art. 5, cc. da 1 a 4 del decreto, a condizione, tuttavia, dell’esistenza di impianti portuali di raccolta integrati nel sistema di gestione rifiuti comunale e a condizione che le informazioni relative a siffatto sistema di gestione rifiuti siano messe a disposizione degli utenti dei porti medesimi.

Il titolo III disciplina, a propria volta, le modalità di “conferimento dei rifiuti”, dalla notifica anticipata ex art. 6 (da effettuare a cura dell’operatore delegato dall’armatore o dal comandante della nave, l’agente raccomandatario, o il comandante di nave ex D.lgs. 196/2005, diretto verso un porto dell’Unione, “con almeno 24 ore di anticipo rispetto all’arrivo se il porto di scalo è noto” oppure “non appena è noto il porto di scalo, qualora questa informazione sia disponibile a meno di 24 ore dall’arrivo; o al più tardi al momento della partenza dal porto precedente se la durata è inferiore a 24 ore” – art. 6, c. 1) alle modalità di conferimento vere e proprie (art. 7), sempre in conformità anche alla disciplina MARPOL. Un sistema di tariffazione, a carico delle navi di approdo, dovrebbe garantire la copertura dei costi di conferimento (art. 8).

E’prevista, peraltro, la possibilità di esenzioni dagli obblighi di cui agli articoli 6 (notifica anticipata), 7 comma 1 (conferimento rifiuti), e  8 (tariffa), quali potranno essere previste, da parte dell'Autorita' Marittima, a favore di una nave che fa scalo qualora  vi  siano prove sufficienti del rispetto delle seguenti condizioni: a) la nave  svolge  servizio  di  linea  con  scali  frequenti  e

regolari;  b) esiste un accordo che garantisce il conferimento dei rifiuti e il pagamento delle tariffe in un porto lungo il tragitto  della  nave che: 1) e' comprovato da un contratto firmato con  un  porto  o  con un'impresa di gestione dei rifiuti e da ricevute di conferimento  dei rifiuti;  2) e' stato notificato a tutti i porti  lungo  la  rotta  della nave  ed  e'  stato  accettato  dal  porto  in  cui  hanno  luogo  il conferimento e il pagamento, che puo' essere un porto  dell'Unione  o un  altro  porto,  nel  quale,  come  stabilito  sulla   base   delle informazioni comunicate per via elettronica in tale parte del sistema informativo, di monitoraggio e di applicazione di cui all'art. 13 e nel GISIS, sono disponibili impianti adeguati; c)  l'esenzione  non   incide   negativamente   sulla   sicurezza marittima, sulla salute, sulle condizioni di vita e di lavoro a bordo o sull'ambiente marino(art. 9, c. 1).

Concludono il decreto talune “misure esecutive” contenute nel titolo IV, artt. 10-16, dalle ispezioni del caso (da condurre a cura dell’autorità Marittima su almeno il 15% del numero totale di navi che fanno scalo nei propri porti ogni anno) alle comunicazioni e scambio di informazioni, fino alla formazione del personale addetto agli impianti di raccolta rifiuti (art. 15) e alle sanzioni (amministrative pecuniarie) del caso (art. 16).

 

Avv. Marco Fabrizio

Gestione rifiuti e nuove sanzioni amministrative pecuniarie.

Il nuovo art. 258, del D.lgs. n. 152/2006, riformato dal D.lgs. n. 116/2020, contiene non poche innovazioni in tema di sanzioni.

Rilevano, innanzitutto, alcune significative modifiche relativamente alle cosìdette “infrazioni documentali”, ovvero errori/omissioni relativi/e alla compilazione e trasmissione del MUD, registro di c/s e FIR, tale che:

  • Ai sensi del comma 1 i soggetti di cui all'art. 189, c. 3, che non effettuano la  COMUNICAZIONE (MUD) ivi prescritta ovvero la effettuano in modo incompleto o inesatto sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da € 2.000 ad € 10.000; mentre qualora  la comunicazione  venga effettuata entro il 60 giorno dalla scadenza del  termine  stabilito  ai  sensi della l. n. 70/1994,  sarà applicabile la quasi irrisoria  sanzione amministrativa pecuniaria da 26 a 160 euro;
  • Relativamente, invece, al REGISTRO DI CARICO E SCARICO di cui all'art. 190, 1,  il c. 2, art.258, prevede, in caso di  omessa tenuta dello stesso ovvero di tenuta in modo incompleto,  la sanzione amministrativa  pecuniaria da € 2.000 a € 10.000, elevata da 10.000  a 30.000 euro nel caso di registro relativo a rifiuti pericolosi (contro la ben più cara previsione pregressa – oggi abrogata – di sanzione amministrativa pecuniaria da 15.000 a 93.000). Rileva, altresì, nei casi piu‘ gravi, la sanzione amministrativa accessoria facoltativa della sospensione da un mese a un anno dalla carica rivestita dal soggetto  responsabile dell'infrazione e dalla carica di amministratore;                                                                 
  • Uno sconto è, peraltro , previsto nel caso di imprese che occupino un numero di unita' lavorative  (U.La.) inferiore  a 15 dipendenti, tale che le suddette sanzioni sono quantificate nelle misure min. e max. da € 1.040 ad € 6.200 per i rifiuti non   pericolosi e da € 2.070 ad € 12.400 per i rifiuti pericolosi (il n. di U.La. e‘ calcolato con rif. al n. di dipendenti occupati mediamente a tempo pieno durante un anno, mentre i lavoratori a tempo parziale e quelli  stagionali  rappresentano frazioni di U.La. annue; ai predetti fini  l'anno da considerare e’ quello dell'ultimo esercizio contabile approvato, precedente il momento di accertamento dell'infrazione) (c. 3, art. 258 cit.);
  • Per quanto riguarda il FORMULARIO di cui all’art.193, il c. 4, art. 258, prevede, dopo l’incipit sulla prevalenza di eventuali fattispecie penali (“Salvo che il fatto costituisca reato”), che chiunque effettua il trasporto di rifiuti senza il formulario di cui all’art.193 o senza i documenti sostitutivi ivi previsti, ovvero riporta nel FIR dati incompleti o inesatti, andrà incontro alla sanzione amministrativa pecuniaria da 1.600 a 10.000 euro. La pena è, invece, quella di cui all’ 483 c.p. (reclusione fino a 2 anni) nel caso di trasporto di rifiuti pericolosi, parimenti applicabile anche a chi nella predisposizione di un certificato di analisi di rifiuti, fornisce false indicazioni su natura, composizione o caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti e a chi fa uso di un certificato falso durante il trasporto.

A conferma dello spirito pratico che sembrerebbe aver animato la recente riforma della disciplina sui rifiuti, il comma 5 dell’art. 258, prevede che nei casi di cui ai commi 1, 2 e 4, del nuovo art. 258, D.lgs. n. 152/2006)  ove le informazioni,  pur formalmente incomplete o inesatte, siano rinvenibili  in forma corretta dai dati riportati nella comunicazione al catasto, nei registri cronologici di carico e scarico, nei FIR di identificazione dei rifiuti trasportati e nelle altre scritture contabili tenute per legge, sarà applicabile la più contenuta sanzione amministrativa pecuniaria da 2.060 a 1.550 euro, parimenti applicabile nei casi di indicazioni formalmente incomplete o inesatte, ma contenenti gli elementi atti a ricostruire le informazioni richieste ai sensi di  legge, nonche‘ nei casi di mancato invio alle autorità competenti e di mancata conservazione dei registri di cui all'art. 190, c. 1, o del FIR di cui all'art. 193 (sanzione ridotta applicabile anche nel caso di omessa o incompleta tenuta dei  registri cronologici di carico e scarico da parte del produttore quando siano presenti i FIR di  trasporto, a condizione che la data di produzione e presa in carico dei rifiuti possa essere dimostrata, o coincida con la data di scarico dei rifiuti stessi).

Tanto premesso le novità di maggior rilievo sono, comunque, quelle contenute ai commi 9 e 13 del nuovo art. 258:

  • Innanzitutto ai sensi del nuovo comma 9 è previsto che, “ chi con un'azione od omissione viola diverse disposizioni di cui al presente articolo, ovvero commette piu' violazioni  della  stessa disposizione”, soggiace alla sanzione amministrativa prevista  per  la violazione piu' grave, aumentata sino al doppio. La stessa sanzione si applica a “chi con piu‘ azioni od omissioni,  esecutive di un medesimo disegno, commette anche in  tempi  diversi  piu‘ violazioni della stessa o di diverse disposiz. di cui al presente articolo”. La previsione ricalca quella tradizionalmente prevista dall’ 8 della legge n. 689/81, invero fino ad oggi limitata alle violazioni  in materia di disciplina sull’assistenza e previdenza obbligatoria. Trattasi, peraltro, di una fattispecie che è agevole prevedere troverà larga applicazione nella normativa sui rifiuti, solo constatando come, sovente, le violazioni relative alla compilazione di registro di carico e scarico o formulari risultino frutto di meri deficit di conoscenza della normativa tecnica, con reiterazione della stessa omissione (es. informazione sullo stato fisico dei rifiuti) per un numero anche elevato di operazioni (es. di carico e scarico sull’omonimo registro), ma pur sempre commesse in buona fede.
  • Il comma 13, a propria volta, va anche oltre la menzionata previsione di cui al c. 9, prevedendo una clausola di applicabilità (generale) delle sanzioni di cui all’art. 258, conseguenti alla trasmissione o all'annotazione di dati  incompleti o inesatti, effettivamente applicabili  “… solo nell'ipotesi in cui i dati siano rilevanti ai fini della  tracciabilita',  con  esclusione  degli  errori  materiali   e violazioni formali”.  La portata applicativa delle previsione sembrerebbe riferita a tutte le informazioni da riportare sulla modulistica (registro C/S e FIR) non rilevanti ai fini tracciabilità (es. informazioni relative alla data di scadenza delle autorizzazioni/iscrizioni dei  terzi smaltitori/trasportatori a cui sono conferiti i rifiuti) ma non certo alle indicazioni tipiche in materia di rifiuti (quantità, stato, CER etc.), per definizione rilevanti ai fini tracciabilità.  
  • La disposizione si chiude, infine, prevedendo il cumulo, della sanzione prevista per l’infrazione del caso, aumentata fino al triplo, nel caso di dati incompleti o  inesatti  rilevanti ai fini della tracciabilita' di tipo seriale.

A questo punto il cerchio sembrerebbe chiuso, nel senso che con la riforma del settembre 2020 l’apparato sanzionatorio, amministrativo pecuniario, in materia di rifiuti appare aver virato nel segno della praticità, non apparendo più improntato ad una logica sanzionatoria meramente formale (a prescindere dalla insussistenza di effettivi danni ambientali), bensì nel segno della più volte auspicata visione reale della gestione ambientale da parte delle imprese. Ci si attende ora un’altrettanto pacata applicazione da parte degli organi di controllo.

                                                                                                                                                                                                                                   Avv. Marco Fabrizio

 

La nuova “responsabilità del produttore” di rifiuti nella riforma del D.lgs. n. 116/2020.

Tra le modifiche alla parte quarta del D.lgs. n. 152/2006 introdotte dal D.lgs. n. 116/2020, rileva, tra le altre, anche il nuovo regime di responsabilità – condivisa – del produttore nella gestione dei rifiuti di cui all’art. 188, D.lgs. medesimo.

Sostanzialmente il legislatore riprende ed aggiorna la pregressa disciplina in tal senso previsto dalla versione del D.lgs. n. 152/2006 anteriore alle modifiche apportate dal D.lgs. n. 205/2010.

L’attuale testo del menzionato art. 188, rubricato Responsabilita' della gestione dei rifiuti, ribadisce, in prima battuta, l’obbligo per il produttore iniziale, o altro detentore, di rifiuti di provvedere “…al loro trattamento direttamente  ovvero  mediante  l'affidamento  ad intermediario, o ad un commerciante o alla loro consegna a un ente  o impresa che effettua le operazioni di trattamento dei rifiuti,  o  ad un soggetto  addetto  alla  raccolta  o  al  trasporto  dei  rifiuti, pubblico o privato, nel rispetto della Parte IV…” del decreto medesimo, subito dopo ribadendosi  l’obbligo – affermato già all’art. 212, c. 5, D.lgs. citato – di iscrizione all’Albo nazionale gestori ambientali per “gli enti  o  le  imprese  che  provvedono  alla  raccolta  o  al trasporto  dei   rifiuti   a   titolo   professionale…” con correlato obbligo, per questi ultimi, di conferimento de “…i rifiuti raccolti  e  trasportati  agli  impianti autorizzati alla gestione dei rifiuti o a un centro di raccolta” (comma 2, art. 188).

Senza entrare nella previsione di cui al comma 3, stesso articolo, relativa alla ripartizione dei costi della gestione dei rifiuti (naturalmente a carico del produttore iniziale dei rifiuti nonche' dai detentori che si succedono a vario titolo nelle fasi del ciclo di gestione) rileva, in particolare la previsione di cui al successivo comma 4 che riprende quanto in precedenza previsto dalla disciplina ante 2010. Al riguardo, dopo aver ribadito che “la consegna dei rifiuti, ai fini del trattamento, dal produttore iniziale o dal detentore ad uno dei soggetti di cui al comma  1,  non costituisce esclusione automatica della responsabilita' rispetto alle operazioni di effettivo recupero o smaltimento”, appare riaffermato che “… la responsabilita'  del  produttore  o del detentore per il recupero o smaltimento dei  rifiuti  e'  esclusa nei seguenti casi:  a) conferimento dei rifiuti al servizio pubblico di raccolta;   b) conferimento dei rifiuti a soggetti autorizzati alle attivita' di recupero o di smaltimento a  condizione  che  il  detentore  abbia ricevuto il formulario di cui all'articolo 193 controfirmato e datato in arrivo dal destinatario entro tre mesi dalla data di  conferimento dei rifiuti al trasportatore  ovvero che alla scadenza di detto termine il produttore  o  detentore  abbia  provveduto  a  dare comunicazione alle autorita' competenti della mancata  ricezione  del formulario” (nel caso di spedizioni  transfrontaliere  di  rifiuti,  con riferimento ai documenti previsti dal regolamento (CE) n.  1013/2006, il termine e' elevato a sei mesi e la comunicazione  e'  effettuata alla Regione o alla Provincia autonoma) (già art. 188, c. 3, lett. b), nella versione ante modifiche del D.lgs. n. 205/2010).

Non pochi problemi si prevede che saranno generati dalla disciplina sull’ “attestato di avvenuto smaltimento”, rilevante nel caso di conferimento di rifiuti a soggetti autorizzati  alle operazioni   di   raggruppamento,  ricondizionamento  e  deposito preliminare di cui ai punti D13, D14, D15 dell'allegato B alla Parte IV del D.lgs. n. 152/2006 (rispettivamente: operazioni di Raggruppamento preliminare prima di una delle operazioni  di  cui ai punti da D1 a D12 – punto D13; Ricondizionamento preliminare prima di una  delle  operazioni  di cui ai punti da D1 a D13 –punto D14; Deposito preliminare prima di uno  delle  operazioni  di  cui  ai punti da D1 a  D14,  escluso  il  deposito  temporaneo,  prima  della raccolta, nel luogo in cui sono prodotti – punto D15.),  ex art. 188, c. 5, D.lgs. n. 152/2006 mod. dal D.lgs. n. 116/2020, allorché “… la  responsabilita'  dei  produttori  dei rifiuti per il corretto  smaltimento  e'  esclusa  a  condizione  che questi  ultimi,  oltre  al  formulario  di  identificazione   abbiano ricevuto un'attestazione di avvenuto smaltimento…”, resa secondo la legge sull’autocertificazione (D.P.R. n. 445/2000) a cura del titolare dell'impianto di smaltimento e“…da cui risultino,  almeno, i dati dell'impianto e del titolare, la quantita' dei rifiuti  trattati e  la  tipologia  di  operazione  di   smaltimento   effettuata”. Al riguardo non è, infatti, chiarito innanzitutto quale sia il soggetto che dovrà trasmettere al produttore iniziale di rifiuti tale Attestazione (se l'azienda di smaltimento finale o quella di raggruppamento o altre attività intermedie). In secondo luogo è evidente che, qualora si dovesse optare per la soluzione secondo la quale l'Attestato dovrà essere generato dallo smaltitore (o esercente delle altre attività finali), allora è evidente come i dati quantitativi e qualitativi sui rifiuti ivi inseriti saranno verosimilmente diversi da quelli indicati nel FIR dal produttore al momento del conferimento a trasportatore, tale che legittimi dubbi potrebbero sorgere sull'utilità di tale Attestazione... Il legislatore ha, peraltro, previsto un'efficacia solo transitoria di tale previsione, in attesa dell’emanazione della nuova disciplina attuativa del sistema elettronico di tracciabilità dei rifiuti integrati nel Registro elettronico nazionale per la tracciabilita' dei  rifiuti ex art. 188-bis,  comma  1, D.lgs.n. 152/2006, dove, tra l’altro, dovranno essere definite le nuove modalita' per la verifica ed invio della comunicazione dell'avvenuto smaltimento dei rifiuti, nonche' le responsabilita' da attribuire all'intermediario dei rifiuti. 

Ora, tornando alle cause di esclusione della responsabilità codificate al comma 4 dell’art. 188, nella nuova versione, a parte l’ipotesi di esclusione della responsabilità di cui alla lett. a), quanto al conferimento dei rifiuti al servizio pubblico di raccolta, la seconda causa di esclusione ex lett. b) continua a basarsi su una doppia condizione di: conferimento dei rifiuti a recuperatori o smaltitori di rifiuti appositamente autorizzati – prima condizione – e che la quarta copia del formulario rientri nei tradizionali termini di legge (tre mesi dal conferimento al trasportatore) ovvero, in alternativa, alla scadenza di detto termine senza l’effettivo rientro della menzionata quarta copia, il produttore proceda a segnalazione di ciò a favore delle autorità competenti (leggasi provincia territorialmente competente) – seconda condizione scriminante della responsabilità condivisa del produttore dei rifiuti. Come è noto la condivisione di tale responsabilità si rifà  ai principi generali di cui all’art. 178, D.lgs. n. 152/2006, di derivazione comunitaria e dove, tra gli altri, rileva anche il principio di “responsabilizzazione e di cooperazione di  tutti i  soggetti  coinvolti   nella   produzione,   nella   distribuzione, nell'utilizzo e nel consumo di beni da cui originano i rifiuti” (tra l’altro alla base della responsabilità estesa del produttore di cui agli artt. 188-bis e 188-ter, D.lgs. medesimo). Se la seconda delle condizioni sopra evidenziate è chiaramente affermata dal legislatore (nel senso che il mancato tempestivo rientro della quarta copia del FIR, con correlata mancata tempestiva segnalazione all’autorità competente, espone per legge il produttore di rifiuti ad un concorso nelle eventuali ipotesi di reato che dovessero andare a concretizzarsi nella fattispecie del caso…), vale, peraltro, la pena dedicare poche ulteriori battute alla prima delle due condizioni, ovvero all’obbligo di conferimento a recuperatori o smaltitori autorizzati.

Come è noto tale obbligo, tradizionalmente affermato già nella pregressa disciplina di cui all'abrogato D.lgs. n. 22/1997, ha portato negli anni all’elaborazione di una prassi consolidata quale l’acquisizione, da parte del produttore di rifiuti, delle autorizzazioni dei terzi a favore dei quali avviene il conferimento. Invero qualsiasi azienda diligente avrà oggi elaborato una apposita procedura gestionale per il conferimento dei rifiuti, basata sul presupposto della previa acquisizione non solo di copia dell’iscrizione all’Albo da parte del trasportatore rifiuti all’uopo contattato (da qualche anno visionabile sul sito internet dell’Albo), con opportuna verifica delle targhe dei mezzi di trasporto dei codici CER trasportabili, ma anche – e soprattutto – con la previa acquisizione anche delle autorizzazioni/iscrizioni dei terzi smaltitori o recuperatori  presso i quali avverrà il conferimento dei rifiuti trasportati. Solo in tal modo il produttore di rifiuti sarà, invero, in grado di poter dimostrare, all’occorrenza, la diligenza osservata nel conferimento dei rifiuti del caso, con ciò conformandosi a quella condotta virtuosa (oltre che prevista dalla legge), requisito indispensabile al fine di interrompere il sopra menzionato vincolo di solidarietà. La giurisprudenza è pacifica nel considerare l’assolvimento, o meno, di tale obbligo quale aspetto dirimente per l’eventuale responsabilità penale del produttore iniziale di rifiuti (tra le altre: Cassazione penale, III, n. 24431/2008; Cass.Pen., III, 37559/2008; Cass. Pen.  n. 13363/2012).                                                                                                                               Avv. Marco Fabrizio

Segnalazioni di Danno ambientale e discrezionalità del Ministero dell'Ambiente

Ai sensi dell’art. 309, c. 1, del D.lgs. n. 152/2006 e succ. modd., le pubbliche amministrazioni – regioni, province autonome ed enti locali – nonche' le persone fisiche o giuridiche “…che sono o che potrebbero essere colpite dal danno ambientale o che vantino un interesse legittimante la partecipazione al procedimento relativo all'adozione delle misure di precauzione, di prevenzione o di ripristino previste dalla parte sesta…” del D.lgs. n. 152/2006 possono presentare al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, depositandole presso le Prefetture - Uffici territoriali del Governo -, denunce e osservazioni, corredate da documenti ed informazioni, concernenti qualsiasi caso di danno ambientale o di minaccia imminente di danno ambientale e chiedere l'intervento statale a tutela dell'ambiente a norma della parte sesta del decreto medesimo. Si segnala che dal novembre 2021 è disponibile una modulistica apposita, scaricabile dal sito del Ministero dell'Ambiente, concernente il contenuto minimo necessario per le richieste ai sensi dell'art. 309 citato.

Rifiuti ed Economia circolare. Varata la nuova Disciplina di 'command and control'

E' pienamente in vigore la nuova disciplina di 'command and control' sui rifiuti introdotta dal D.lgs. 3 settembre 2020, n. 116, “Attuazione della direttiva (UE) 2018851 che modifica la direttiva 200898CE relativa ai rifiuti e attuazione della direttiva (UE) 2018852 che modifica la direttiva 199462CE sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio.”

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